OSSERVAZIONI SUL DIRITTO D’AUTORE NEL FUMETTO, di Carlo Chendi

Omaggio-Carlo Chendi

Dopo l’incontro con Ivo Milazzo alla Fiera del Libro di Torino, nella quale Umberto Eco ha speso parole sull’importanza del Fumetto e Giulio Giorello ha registrato un video in materia, non mancano i riscontri positivi sulla proposta di legge che abbiamo riportato qui.
Ma ci sono anche richieste di puntualizzazioni e interventi critici, come quello dello sceneggiatore “storico” Carlo Chendi, il quale ha affidato le sue osservazioni al nostro blog.
Le riporto di seguito
.

Tutti i discorsi sono sempre incentrati sul fatto che i fumetti sono importanti, sono arte e così via. Tutti dimenticano che la legge sul diritto d’autore è una legge PATRIMONIALE che tutela la proprietà, non la qualità artistica o via dicendo. Per il diritto d’autore le Grandi Opere della musica classica sono tutelate alla stessa maniera di canzonette tipo Maramao perché sei morto.

Nella proposta di legge si dice:

1) … nella fase produttiva dell’opera stessa, in considerazione della disparità di tempo, necessario alle due parti creative alla sua realizzazione, il compenso a pagina o a percentuale verrà ripartito tra le parti in maniera proporzionale.

E’ un passo molto oscuro.

Per quanto riguarda la ripartizione dei compensi tra autore della parte letteraria (soggetto e sceneggiatura e dialoghi) e l’autore dei disegni, l’andamento medio nel campo editoriale (italiano!) consiste nel dividere il prezzo totale della pagina per testo e disegni, oppure in tre parti, di cui due vanno al disegnatore e una all’autore dei testi; ma alcuni anche in quattro parti di cui una all’autore dei testi e tre all’autore dei disegni.
Ma ci sono casi in cui il prezzo a tavola è stato diviso per NOVE e all’autore “letterario” è andato un nono, mentre otto noni sono andati al disegnatore. Questo è capitato al sottoscritto all’inizio della sua carriera.

Chendi 75

Ma al sottoscritto è capitato anche il contrario. Cioè che la parte letteraria (soggetto e sceneggiatura) sia stata pagata, a pagina, più del disegno.
Esempio: per storie Disney, quando direttori di Topolino erano Mario Gentilini e Gaudenzio Capelli, a pagina ero pagato più di alcuni disegnatori [certo non dei bravissimi]); anche per le storie realizzate per un editore francese, a pagina mi è capitato di essere pagato più del disegnatore.

Comunque, non sempre è vero che ci voglia più tempo a disegnare una pagina che a scriverla.
Se si considera il tempo come “tempo materiale di realizzazione” può essere vero. Materialmente si impiega più tempo a disegnare una pagina che a scriverla. Ma questo sistema di giudizio non tiene conto del tempo che uno scrittore impiega a “pensare mentalmente”: alla trama, alla sceneggiatura e ai dialoghi che dovrà scrivere in ogni pagina (chi lo vede pensare, “crederà che non stia facendo niente”, come ha detto Charles Schulz in un famosa intervista!).

E’ pacifico che, per quanto riguarda i secondi diritti, ristampe o cessioni dei diritti in Paesi esteri, i compensi vanno suddivisi: 50% all’autore dei disegni e 50% all’autore dei testi.

2) Le tavole originali sono di proprietà degli autori

Anche questa frase è oscura: Cosa si intende per “autori”?

La pagina “finale”, quella che l’editore fotografa per la stampa, è costituita da un “disegno originale”, realizzato da un “disegnatore”. Ma il disegno è stato fatto su “descrizione, dello sceneggiatore, di quanto accade in ogni singola vignetta, sia per quanto riguarda l’inquadratura, il numero dei personaggi e il loro aspetto fisico, i loro costumi, loro mimica, arredamento di interno o paesaggio in esterni: insomma, quella che in termine tecnico è chiamata regia.
Ma non basta: nella pagina ci sono i dialoghi, che sono stati scritti dallo sceneggiatore.

C’è un diffuso collezionismo di pagine originali dei fumetti, in genere pagine che, spesso, vengono vendute dai disegnatori senza neanche informare l’autore dei testi.
La legislazione sul diritto d’autore di Francia, Belgio e Stati Uniti prevede che una quota di una pagina originale sia di proprietà del disegnatore, ma un’altra quota della stessa pagina è di proprietà dello sceneggiatore che ha scritto la storia, la sceneggiatura e i dialoghi.

In genere, almeno in Francia e Belgio, “amichevolmente” si calcola che la proprietà degli “originali” va per il 70% al disegnatore e 30% allo sceneggiatore. La divisione spesso viene fatta in questo modo: ponendo che una storia sia lunga 100 pagine, 30 sono di proprietà dello sceneggiatore e 70 del disegnatore.
E poi dovrebbe essere previsto dalla legge che un disegnatore non possa vendere le pagine originali di una storia senza farne una fotocopia per lo sceneggiatore.
Questo perchè una eventuale ristampa, se mancano gli originali, diventa impossibile. E così si priva lo sceneggiatore del godimento dello sfruttamento della “propria opera dell’ingegno”.

Probabilmente la frase andrebbe riscritta:

“Le tavole originali sono di proprietà dello sceneggiatore nella misura del 30% e del disegnatore nella misura del restante 70%.”

La legge dovrebbe prevedere anche la possibilità per un disegnatore di pubblicare una storia anche senza il consenso dello sceneggiatore o viceversa, fermo restando che comunque all’altro autore spetta la sua quota di diritto d’autore.

La legge dovrebbe prevedere anche una quota “automatica” di diritti d’autore per tutte quelle storie realizzate da autori italiani per personaggi “seriali” non di loro proprietà (esempio le storie Disney).

In una causa tra il disegnatore “disneyano” DV e la Arnoldo Mondadori Editore, c’è una sentenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano [di cui ho fotocopia] che, a proposito delle storie Disney, afferma che il disegnatore, in quanto disegna personaggi già con una loro precisa e definitiva forma grafica, nel realizzare le storie deve essere considerato un “lavoratore a domicilio”, e quindi non ha diritto a riscuotere diritti d’autore, ma ha diritto a che la casa editrice gli versi i contributi previdenziali, gli paghi le ferie, la liquidazione, tredicesime e via dicendo.
La stessa sentenza dice che invece lo “sceneggiatore” deve essere considerato un “autore” a tutti gli effetti in quanto le sue storie, non rifacendosi a stilemi particolari, sono un originale prodotto dell’ingegno e quindi la materia rientra nella legge sul diritto d’autore n. 633.

Dopo questa sentenza, altri disegnatori “disneyani”, GC, GS, GC etc., chiesero e ottennero dalla Mondadori liquidazioni per “lavoro a domicilio” nella realizzazione delle storie disneyane.
Per gli sceneggiatori, richiedere il pagamento dei diritti d’autore avrebbe comportato una causa molto lunga (considerati i tre livelli di giudizio) e costosa. E così lasciarono perdere.

Le caricature di Carlo Chendi riportate in questo post sono di Donald Soffritti (in apertura) e di Giorgio Cavazzano (sulla copertina del volume omaggio dedicato allo sceneggiatore per il suoi 75 anni).

  • La Venexiana |

    Leggo oggi… Chi sarebbe il disegnatore disneyano “DV”? “De Vita”? De Vita figlio, intendo?

  • Luca Boschi |

    Per Alessandro…
    Ciao!
    Grazie di essere intervenuto nel blog!
    Mi scuso io, a nome di Nòva-TypePad, per le disfunzioni di trasmissione dei messaggi delle qual ti sei sicuramente accorto.
    A quanto capisco, non hai scritto da un indirizzo di posta elettronica (non vedo la tua e-mail) e forse per questo il sistema si è rifiutato (???) più volte di inserire il tuo commento in modo diretto.
    E’ però arrivato a me.
    Questo mi fa temere che, come è già accaduto in passato, un certo numero di commenti venga spedito ma poi non compaia on line nel blog, il che non è certo bello…
    Spero che la disfunzione si risolva, intanto ho già un altro post, sempre sul diritto d’autore, da mettere in rete.
    Tu, o Alessandro (a proposito, buon lavoro per le prossime storie!), e gli altri, lo leggeranno presto. Se vorranno.
    Ciao!
    Luca

  • Alessandro Gottardo |

    Ciao a tutti. Appoggio anch’io, nel mio piccolo, il vostro impegno per
    diritti così a lungo e ingiustamente negati agli autori del nostro
    medium preferito.
    Temo però che la diatriba sulla differente retribuzine tra disegnatori
    e scrittori sembri poco tempestiva. Penso che in questa fase sarebbe
    più utile cercare il contributo e la solidarietà di tutti.
    Personalmente, essendo io un disegnatore, tengo ad affermare che non è
    affatto vero che una volta smesso di disegnare, la sera, mi senta
    sereno e beato come chi tira giù la serranda della propria pizzeria.
    Ci saranno senz’altro tanti disegnatori che hanno di sè l’idea di
    travet del fumetto. Conosco anche un sacco di scrittori così, però.
    Li rispetto tutti, ma non mi sento per niente assimilabile a questo
    genere di professionisti. Tanti miei colleghi che disegnano passano la
    vita a studiare e ad arrovellarsi su tematiche espressive. La loro (la
    nostra) ricerca è incessante e dura sempre, finchè se ne ha
    l’energia. Fra i libri, ma anche quando non sembrerebbe, magari in
    mezzo alla gente o sul web.
    Vi assicuro inoltre che una cosa l’ho capita in 25 anni di attività: il paragone fra lo sceneggiatore di fumetti e il regista cinematografico è davvero inconsistente. Sarebbe
    molto più naturale paragonare lo sceneggiatore di fumetti al suo omologo al cinema o nelle fiction.
    Al regista somiglia di più il disegnatore che realizza la visualizzazione definitiva, le immagini che il fruitore vedrà. Decide la maggior parte delle inquadrature, se
    necessario le “aggiusta” rispetto alle indicazioni date. Di fatto “anima” di espressione gli attori/personaggi. Decide le luci, gestisce l’atmosfera grazie al fatto che ragiona con gli occhi, se mi passate l’espressione.
    Ripeto che so bene che ci sono sceneggiatori grandissimi e disegnatori
    piccolissimi. E anche registi che al cinema rovinano capolavori di
    sceneggiature. Tuttavia liquidare l’intera categoria dei disegnatori di
    fumetti come dei beoti, meri prestatori d’opera, mi sembra alquanto
    superficiale.
    Deferenti cordialità a tutti.
    Alessandro Gottardo

  • Carlo Chendi |

    Post Scriptum
    Io credo che, in materia di diritto d’autore, conti anche l’esperienza “lavorativa” con diversi editori. Ho cominciato a fare sceneggiature nel 1952 e, da allora, ho collaborato “direttamente” con una ventina di editori italiani, due francesi ed uno tedesco.
    Io non ho mai considerato l’editore come un “antagonista”, ma come un partner che aveva un interesse simile al mio per continuare a fare uscire pubblicazioni che, appunto per interesse comune, fossero fatte al meglio e vendessero il più possibile.
    La legge sul diritto d’autore (la n. 633 del 1941), anche se non cita specificatamente gli “autori di fumetti”, per “affinità creative” finora ci ha “abbastanza” tutelati. Certo, alcuni “particolari”che riguardano in maniera specifica gli autori di fumetti vanno aggiunti. Io credo che potrebbero bastare poche frasi …. sintetiche e precise.
    Come “fumettaro” ho frequentato sia disegnatori che sceneggiatori; e ho avuto come partner fissi, per circa 35 anni, qualche disegnatore. Ma, per una questione di “affinità di mestiere”, poichè i problemi “lavorativi” erano gli stessi, me “la intendevo” di più con gli sceneggiatori.
    (Se mi esprimo al plurale, non è plurale maiestatis, ma semplicemente perchè i problemi con i tantissimi colleghi sceneggiatori: italiani, francesi, statunitensi, argentini e via dicendo, erano identici).
    Certo, “a vista” un disegnatore impiega più tempo di uno sceneggiatore a fare una pagina, ma un disegnatore, la sera quando stacca, stacca veramente e sino al mattino dopo può pensare ad altro, tanto sa che l’indomani mattina, quando si mette al lavoro, ha la sceneggiatura che gli dice cosa mettere nella tavola “bianca” che deve disegnare.
    Noi sceneggiatori non smettiamo di lavorare finchè la storia non è finita, quindi capita che il “pensiero fisso” del foglio bianco ci perseguiti anche la notte. Un collega famosissimo, in più di un’intervista, ha detto che, quando va a dormire, ha sempre sul comodino una penna e dei fogli bianchi perchè gli può capitare di trovare un’idea o la soluzione di un problema di sceneggiatura anche durante il dormiveglia.
    Vorrei citare quello che dice la “National Cartoonists Society Constitution” americana:
    A cartoonist is a graphic story teller, whose drawings interpret, rather than copy nature, in order to heighten the effect of his message.
    His drawings, when found in a mass medium, usually have a value at least equal to that of any accompanying text.
    (Il cartoonist è un narratore di storie grafiche, i cui disegni interpretano la natura piuttosto che copiarla, al fine di accrescere l’effetto del proprio messaggio.
    I suoi disegni, nell’incontro con i mass media, hanno solitamente un valore pari al testo che li accompagna).
    Quindi, già nello statuto di questa importante e antica Associazione, era già prevista la suddivisione al 50/50 dei compensi ( …. un valore pari al testo che li accompagna).
    Sono molto amico di Mort Walker, autore dei testi di Hi & Lois, personaggi disegnati da Dik Browne (ora dal figlio!). Era pacifico per loro che la spartizione dei diritti fossero 50 e 50 e che la proprietà degli originali fosse dell’autore dei testi.
    Comunque ha ragione Goria: stabilite per legge certe norme, è meglio lasciare ai singoli soggetti la decisione di decidere in che misura suddividere “certi” diritti, come la comproprietà dei disegni originali, il pagamento a pagina della prima stampa: se 50/50 oppure con altre percentuali più o meno favorevoli allo sceneggiatore o al disegnatore.
    A differenza che in Francia, Belgio e Stati Uniti (di cui ho conoscenza diretta) dove i disegnatori hanno già accettato il concetto che la proprietà degli originali è congiunta tra sceneggiatori e disegnatori, in Italia sarà un po’ più difficile convincere i disegnatori nostrani, abituati finora a considerare gli originali una loro esclusiva proprietà, a riconoscere che una parte dei disegni spettano “di diritto” agli sceneggiatori.
    Ho letto, in alcuni interventi, che si è parlato anche di “diritti” solitamente non previsti come “eventuali” diritti che possano spettare al ripassatore e al coloritore (credo che il letterist, dato che non inventa nulla ma si limita a copiare, sia escluso da eventuali diritti d’autore. Oggi poi, generalmente, il “lettering” delle storie si fa al computer).
    Io penso che il “colore” sia comunque una forma di creatività perchè contribuisce a dare un certo “pathos” alle storie e quindi a valorizzarle: forse si dovrebbe tenerne conto, in particolare nelle ristampe.
    Anche il ripasso, spesso, è una forma di creatività: come esempio vorrei portare il “ripasso” che Ted Thwaites faceva alle matite del Topolino di Gottfredson. Quando Thwaites non ha più ripassato le storie, molti avevano pensato che Top0lino avesse cambiato disegnatore.
    Infine c’è un diritto d’autore, riconosciuto dalla legge n. 633, che riguarda i traduttori. La traduzione di qualsiasi testo (opera letteraria, fumettistica, canzonette, testi scientifici, eccetera) da una qualsiasi lingua all’italiano, è di proprietà del traduttore (sia ben inteso: solo la traduzione, non il testo che rimane di proprietà dell’autore), quindi in caso di ristampa (o per le canzoni ogni volta che la stessa viene trasmessa) la legge gli riconosce un “diritto”. Va da sè che l’autore può far tradurre la sua opera anche da un altro traduttore: ovviamente il primo traduttore non ha nessun diritto sulla nuova traduzione!
    Comunque le norme sul diritto d’autore servono a garantire “gli aventi diritto” (autori, ma anche l’editore, il produttore cinematografico, eccetera), che esistono dei diritti e dei doveri, e che come tali vanno rispettati da tutte le ”parti” in causa.
    Ma generalmente quello che conta è la “buona fede” e il reciproco rispetto che sceneggiatori, disegnatori e editori devono portarsi tra loro. Nella mia lunga (57 anni) carriera di “sceneggiatore” non sempre è accaduto … e forse è proprio per questo che sono solidale con chiunque cerchi migliorare le cose per le generazioni future.
    Carlo Chendi

  • stefano |

    AIUTATE UN ARCHITETTO IN TRASFERTA
    Di solito mi occupo di urbanistica, ma sono da sempre appassionato lettore di fumetti e occasionalmente disegnatore di mascotte e caricature, di solito regalate ad amici, associazioni di volontariato. Questa volta dovendo preparare per un comune di cui sto curando il piano regolatore un questionario per consultare i cittadini, avevo disegnato una mascotte ricavata dal simbolo del comune (un elmo e scudo a cui avevo dato arti sorriso). La cosa ha avuto un discreto successo, nel senso che l’attenzione sollevata dal questionario grazie alla mascotte ha prodotto molte più risposte da grandi e ragazzi di quante ce ne aspettassimo.
    L’amara sorpresa è stata una lista civica di opposizione, che ha pensato bene di ridisegnare malamente la mascotte (praticamente uguale, colori e dettagli, a parte la sagoma dello scudo non più quadrata ma a scudetto) e usarla come simbolo elettorale!
    Ho suggerito all’Amministrazione di contrastarli loro, facendo presente l’inopportunità politica di appropriarsi di un simbolo e di uno strumento di comunicazione a disposizione dell’istituzione per usarlo a favore di una sola parte, ma il Sindaco uscente preferirebbe agire su un piano legare e mandare avanti me come progettista.
    Ma le leggi sulla proprietà intellettuale degli architetti parlano solo di edifici… avete suggerimenti, la mascotte non è stata depositata, il marchio comunale è implicitamente del comune…?????????

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