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Le politiche di welfare sono chiamate al cambiamento. In particolare, le innovazioni necessarie dovrebbero riguardare la popolazione di riferimento, la logica degli interventi e i luoghi in cui essi si realizzano. Nate per affrontare i rischi legati alla vecchiaia, alla disoccupazione e alla malattia, le politiche sociali devono ora guardare anche a una serie di rischi che per lungo tempo non hanno ricevuto attenzione. Tra di essi, quelli legati alla transizione verso l’età adulta e, in particolare, la povertà educativa e l’isolamento relazionale che sempre più spesso interessano bambini e ragazzi.

Le logiche di azione sui giovani

Come affrontare queste necessità? Le logiche di azione che vanno affermandosi sono sostanzialmente tre. La prima è quella “riparativa” che riflette una prospettiva di breve periodo e che mira a offrire risposta a bisogni manifesti (es. sostegno materiale volto a contrastare la povertà minorile). La seconda è quella “preventiva” che adotta una prospettiva di medio periodo e mira a evitare le situazioni di disagio conclamato, intercettando precocemente le vulnerabilità (es. supporto a giovani a rischio di abbandono scolastico). Infine la terza logica, che va oltre la prevenzione e guarda, in una prospettiva di lungo periodo, alla promozione del benessere dei giovani in senso ampio.

Quest’ultima si pone in linea con le più recenti trasformazioni del welfare locale che, sempre più spesso, promuovono un modello variamente definito “di prossimità”, “di comunità”, “generativo” o “capacitante”. Ciò che accomuna queste definizioni è la centralità della comunità e, quindi, l’idea che i territori siano dei sistemi in cui gli attori di “primo welfare” (enti pubblici) concorrono con quelli di “secondo welfare” (Terzo Settore, enti profit, parti sociali ma anche semplici cittadini) alla produzione di interventi volti non solo a rispondere e a prevenire bisogni ma anche a promuovere benessere in senso più ampio.

La scuola: il luogo da cui ripartire

In questo quadro, un ulteriore aspetto del cambiamento delle politiche di welfare riguarda poi i luoghi della loro produzione. Se gli interventi guardano ai giovani e mirano a promuovere il loro benessere e a rispondere e a prevenire i loro bisogni, allora il luogo in cui tali interventi devono prendere corpo e alimentarsi reciprocamente è la scuola.

Oltre a garantire il diritto all’istruzione, la scuola dovrebbe presidiare il benessere di bambini e ragazzi anche grazie alla collaborazione con i soggetti che nel territorio si occupano a vario titolo di giovani, come associazioni sportive, ricreative e culturali. Assumendo le scuole come il punto di partenza, possiamo allora riflettere su una serie di esempi utili a inquadrare il ruolo strategico che esse possono giocare in un welfare (ri)pensato per i giovani.

Partiamo dalle mense scolastiche. Oggi assenti in molti istituti, potrebbero costituire un potente strumento di contrasto alla povertà alimentare, garantendo a bambini e ragazzi un pasto adeguato al giorno con effetti positivi sulla loro salute presente e futura. Se adeguatamente potenziati, gli sportelli di ascolto psicologici interni alle scuole permetterebbero invece di intercettare bisogni che richiedono interventi specialistici esterni agli istituti e di attivare quest’ultimi grazie alla collaborazione con i servizi sanitari territoriali. E anche quando non dovessero emergere bisogni conclamati, gli sportelli si configurerebbero come spazi di confronto nei quali insegnanti, famiglie e giovani potrebbero trovare risposte a sostegno del loro benessere dentro e fuori la scuola. L’integrazione fra scuola e comunità potrebbe poi favorire lo sviluppo di processi partecipativi che vedono protagonisti i giovani. In questa direzione si collocano ad esempio esperienze di ristrutturazione degli edifici scolastici realizzate attraverso processi di co-progettazione che hanno visto il coinvolgimento della comunità scolastica e non.

Per un welfare a misura di giovani

In generale dunque una stretta relazione fra istituti scolastici e territorio incoraggerebbe l’incremento delle opportunità ricreative, sportive, culturali e di socializzazione che possono essere fruite dai giovani anche al di fuori dell’orario delle lezioni. Pochi esempi telegrafici, che indicano però che le scuole possono essere il luogo da cui partire per ripensare un welfare a misura dei giovani. Non è retorica dire allora che, a maggior ragione in questo frangente storico, mettere la scuola al centro è la via maestra per sostenere bambini e ragazzi. E, di conseguenza, il futuro del Paese.

 


Questo articolo è stato pubblicato su Buone Notizie del Corriere della Sera del 31 maggio 2022 ed è qui riprodotto previo consenso dell’autrice.