Quali nessi esistono tra il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e l’impact investing? Il PNRR italiano può essere un banco di prova per la finanza a impatto? E se sì, in quali ambiti sarà più facile vederne gli effetti concreti? Per cercare di rispondere a queste domande Social Impact Agenda per l’Italia (SIA) sta realizzando una serie di paper scritti da esperti del tema.

Dopo avervi raccontato del primo tassello di questo lavoro di riflessione firmato da Elisa Chiaf e Filippo Montesi, sulle principali sfide e opportunità dell’impact investing per il PNRR, e del successivo curato Giuseppe Guerini, dedicato ai possibili impatti del Piano sui sistemi di cura e prossimità, analizziamo di seguito il terzo paper realizzato da Antonio Bonetti. Economista con una lunga esperienza nel campo della progettazione e valutazione di progetti e politiche pubbliche, specialmente in ambito europeo, Bonetti firma un documento che permette di approfondire aspetti specifici del PNRR, approcciarsi a strumenti “tipici” dell’impact finance utilizzabili nella programmazione UE e comprendere alcune dinamiche che ne contraddistinguono il funzionamento.

PNRR, finanziamenti dell’UE “non collegati ai costi delle operazioni” e Social Impact Bond“, questo il titolo, non è decisamente un testo “da ombrellone” ma, vista l’importanza del Piano anche alla luce dei recenti accadimenti politici, può essere un’utile lettura estiva. Offre infatti numerosissimi spunti operativi e di senso che chi è interessato al tema non può ignorare in questo frangente così delicato per il nostro Paese.

Le diverse logiche di funzionamento del PNRR

In prima battuta Bonetti analizza la natura particolare del Recovery and Resilience Facility che finanzia i Recovery Plan nazionali approvati nell’ambito di Next Generation EU. Tra cui ovviamente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano varato dal Governo Draghi. Essendo, appunto, una facility, l’autore spiega che il Recovery and Resilience Facility non rimborsa le spese realizzate nell’ambito dei Piano, bensì il completamento di riforme strutturali e il raggiungimento di valori target stabiliti dalla Commissione UE per e con ogni Paese. Nella pratica, dunque, il finanziamento del PNRR nazionale da parte dell’Europa si basa su una logica “performance based”: l’erogazione delle risorse avviene solo al raggiungimento di determinati obiettivi (nel caso del PNRR stabiliti da 213 milestone e 314 target) e non a fronte di mere rendicontazioni delle spese.

Bonetti fa  notare come questo approccio sia invece assente per i progetti che sono sostenuti attraverso le risorse stanziate dal PNRR italiano. Anche se la logica vorrebbe che anche nel Piano nazionale ci fosse un maggiore orientamento ai risultati – meno rendicontazione nel senso tradizionale del termine (“compliance based”) e più ancoraggio ai risultati raggiunti  (“performance oriented”) – per varie ragioni che vedremo più nel dettaglio dopo, questo oggi non è possibile.

Eppure, spiega Bonetti, gli strumenti per perseguire questo genere di azioni ci sarebbero già. Il modello di riferimento suggerito è quello dei “Finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni” –  Financing Not linked To Costs (FNLTC) – che sono una forma di sostegno innovativa introdotta con l’approvazione del nuovo Regolamento Finanziario dell’UE (reg. 2018/1046).

Strumenti pay-by-result, oltre il PNRR

Gli FNLTC sono forme di sostegno in cui la rendicontazione delle spese e il loro successivo rimborso sono del tutto sganciate da una logica “compliance based” e vertono, invece, sul rispetto delle “condizioni di finanziamento”, ossia sul raggiungimento di obiettivi quantificati e verificabili “con robuste metodologie valutative”. In altri termini si tratta di formule “pay-by-result che, come Secondo Welfare ha spesso raccontato nei suoi approfondimenti sul tema, sono un tratto distintivo di molti strumenti di impact investing. Come ad esempio i Social Impact Bond.

Come spiega Bonetti questi strumenti potrebbero essere utilizzati nell’ambito del PNRR ma anche nei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali. Dove sta il problema? Che i “finanziamenti non collegati ai costi delle operazioni” richiedono una architettura legale e procedurale alquanto complessa e, quindi, è presumibile che saranno applicati solo in via sperimentale da poche Amministrazioni Pubbliche titolari degli investimenti del PNRR e/o della gestione di programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali.

Per questa ragione, secondo Bonetti, “si può accettare come ragionevole “second best” che per i progetti finanziati a valere del PNRR l’erogazione del saldo finale dei contributi dell’UE non sia condizionato, come nel caso dei Fondi Strutturali, all’esito positivo dei controlli di primo livello, bensì alla dimostrazione del raggiungimento di target e milestone concordati con l’UE”. Esattamente come succede col finanziamento del PNRR stabilito dal Recovery and Resilience Facility.

Strumenti, meccanismi e normativa: cose da sapere e da fare

Per spiegare meglio gli aspetti sopra accennati il paper approfondisce varie questioni attraverso riferimenti normativi, fonti bibliografiche e utili box esplicativi.

In primo luogo, vengono fornite informazioni sul funzionamento degli strumenti di impact finance maggiormente utilizzati negli ultimi anni per sostenere progetti di pubblica utilità (in primis i citati Social Impact Bonds), ma anche i principali meccanismi di incentivazione (o punizione) adottati nell’ambito dei Fondi Strutturali per potenziarne efficacia ed efficienza. Entrando nel dettaglio delle “forme di finanziamento non collegate ai costi delle operazioni”, l’autore spiega in che modo questa peculiare “forma di contributo dell’UE” sia volta a superare il tradizionale meccanismo di rendicontazione (“compliance based”) dei Fondi europei e di spostare progressivamente i meccanismi di rimborso verso forme basate sui risultati (“performance oriented”). Ma anche quali sono le criticità per la formulazione e l’attuazione di progetti basati sugli FNLTC.

Successivamente viene spiegato perché il  Recovery and Resilience Facility possiede una natura intrinsecamente “performance based e quali sono i meccanismi di funzionamento del PNRR italiano, mettendone in luce i meccanismi di rimborso messi al punto dal Ministero dell’Economia. Qui Bonetti sottolinea un elemento interessante: vista la scarsa dimestichezza della PA italiana con i “value-based contract”, il MEF “ha cercato di rafforzare l’orientamento ai risultati dei soggetti attuatori introducendo nel meccanismo di rimborso dei progetti un più semplice elemento di penalità, che consiste nel non riconoscere il saldo finale del 10% se monitoraggio e valutazione attesteranno che questi progetti non sono stati in grado di concorrere al raggiungimento di target e milestone del PNRR”. Una scelta per certi versi limitata rispetto alla portata innovativa che si sarebbe potuta mettere a terra, ma che tuttavia rappresenta un “passo pragmatico” per il miglioramento delle politiche pubbliche attraverso partenariati pubblici privati.

Quest’ultima riflessione offre l’occasione a Bonetti per fare due auspici su quel che dovrebbe accadere negli anni a venire. Da un lato si dovrebbe alimentare un dibattito su ampia scala sulle innovazioni nelle forme di sostegno (e nelle forme di rendicontazione della spesa) sia dei Fondi Strutturali 2021-2027 che del PNRR. Questo permetterebbe sia di sensibilizzare i decisori politici sia di fare in modo che le “forme di finanziamento non collegate ai costi” siano effettivamente finalizzate a potenziare gli impatti socio-economici dei progetti ammessi a beneficio (e questo potrebbe essere prezioso anche per migliorare il dibattito corrente sulla riforma del “codice degli appalti”).  Dall’altro lato, si dovrebbero sostenere campagne informative e di advocacy sui benefici dell’utilizzo di interventi di policy basati su logiche pay-by-result e su partenariati pubblico-privato volte realmente a sperimentare forme di co-design delle politiche pubbliche e a produrre impatti sociali significativi.

Quale futuro per il PNRR

Leggendo il paper nei giorni che hanno portato alle dimissioni del Governo Draghi, tuttavia, sono diverse le domande sorte in chi scrive su quello che potrebbe essere il futuro del PNRR in una fase così delicata per il Paese. Abbiamo quindi chiesto a Bonetti di aiutarci a capire cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi alla luce delle imminenti elezioni che porteranno all’insediamento di un nuovo Parlamento e di un nuovo Esecutivo.

Allo stato attuale rischiamo di non rispettare le milestone fissate dalla Commissione e, quindi, mettere a rischio il PNRR? Secondo Bonetti “il rischio che non si riescano a centrare milestone e target di fine anno è assolutamente da considerare. Ad essere precisi, direi che rischiamo molto sulle milestone; in altri termini, rischiamo di non completare di certe riforme”. Tuttavia, poiché il Governo Draghi è stato in grado di mettere in piedi un articolato sistema di governance del PNRR “in linea di principio si dovrebbe riuscire a portare avanti i progetti già avviati e centrare i target quantitativi legati all’attuazione degli interventi”. Inoltre, se è vero che c’è un problema per il completamento delle riforme, per Bonetti “va anche considerato che probabilmente, aldilà dei tatticismi politici, la maggioranza non abbia tenuto per rilevanti divergenze di vedute sulle riforme”.

Questo vuol dire che possiamo stare tranquilli? Non esattamente. Le spese sostenute attraverso il PNRR sono rimborsate dall’UE solamente se vengono centrati milestone (cioè si completano le riforme) e target quantitativi (si completano gli interventi e si ottengono determinati risultati). Quindi, spiega Bonetti, “se il nostro Paese non sarà in grado di dimostrare il raggiungimento di milestone e target fissati per la fine dell’anno, la Commissione non rimborserà la seconda rata del 2022. Tecnicamente “il rimborso sarà prima sospeso e se, entro 6 mesi, non si adotteranno le contromisure necessarie richieste dalla Commissione, verrà definitivamente revocato”. Quindi il Piano potrebbe venir meno? “Nel caso di stallo politico prolungato sì, potrebbe accadere che venga meno il PNRR. Ma a quel punto, ancor prima, avremmo problemi internazionali con l’annosa questione dell’enorme stock di debito pubblico”.

Forse a quel punto più che dell’ombrellone avremo bisogno di un grosso ombrello.
 

Questo contributo è realizzato grazie al sostegno di Social Impact Agenda per l’Italia ed è parte della serie “MementoPNRR”con cui cerchiamo di capire quale comunità vogliamo realizzare grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.