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Sale da 600 euro a 3.000 euro la soglia massima dei fringe benefit 1 di welfare aziendale per il 2022. Si tratta di una novità, inserita all’interno dell’articolo 3 del Decreto Aiuti Quater (qui il testo in bozza), che va a integrare il precedente intervento fatto dal Governo Draghi.

Si tratta quindi di una modifica al Decreto Aiuti bis, valida “limitatamente” al periodo d’imposta 2022. Come vi abbiamo spiegato qui, le risorse dei fringe potranno essere utilizzate dai lavoratori anche per il pagamento o il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas.

Su questo, nei giorni scorsi, l’Agenzia delle Entrate ha peraltro diramato una circolare per spiegare nel dettaglio l’utilizzo dei fringe benefit da parte di aziende e dipendenti. Qui trovate maggiori informazioni in merito.

Possiamo ancora parlare di welfare aziendale?

Quello varato dal Governo è un intervento temporaneo e, vista la cornice normativa in cui è inserito, finalizzato in particolare a dare una risposta agli aumenti del costo dell’energia. Al di là della scelta di usare il welfare aziendale come mezzo di emergenza, occorre riflettere sugli effetti che questa potrebbe avere sulla percezione dello strumento.

Ha infatti senso parlare di welfare aziendale con fringe benefit così prevalenti? Ricordiamo che a inizio anno, prima degli interventi di questa estate, la soglia era quella prevista dal TUIR di 258 euro. In pochi giorni è stata nei fatti aumentata di più di 10 volte. Il rischio, a nostro avviso, è che si perda completamente il focus sul valore sociale a cui è legata la previsione dei benefici fiscali.

Un disincentivo alla scelte sociali delle imprese

In questo senso, con una soglia di defiscalizzazione così alta per questi “benefit accessori”, le imprese sarebbero infatti disincentivate a fare piani articolati, attenti alla selezione dei fornitori e dei servizi, appunto, di welfare (sociali, sanitari, di cura, di assistenza, ecc).

Molte organizzazioni potrebbero limitarsi a predisporre dei voucher o delle card acquisto che sarebbero valide per ogni tipo di bene o servizio (dalla spesa al supermercato al pieno per l’automobile, fino agli acquisti presso Amazon o e-Bay). In questo modo, il welfare aziendale rischierebbe di diventare sostanzialmente equivalente della retribuzione, ma con una tassazione azzerata.

Occorre dunque riflettere, e nei prossimi giorni proveremo a farlo, sulla logica che dovrebbe stare alla base dell’intervento delle aziende in questo campo e all’opportunità del relativo trattamento fiscale di favore per i fringe benefit.

Vuoi saperne di più?

Il 17 novembre abbiamo pubblicato un ampio approfondimento su questo tema, leggilo ora: “Questo non è welfare aziendale: una riflessione sui fringe benefit a 3.000 euro

Note

  1. Misure che riguardano una vasta gamma di servizi e soluzioni che le imprese possono destinare ai propri dipendenti, godendo di specifici benefici fiscali. Tra le formule più comuni ci sono: card acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online), buoni benzina, beni e servizi connessi allo sviluppo della mobilità sostenibile, polizze assicurative.