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Il welfare aziendale, in Italia, ha una diffusione ancora limitata e frammentata. Ma i fondi della Politica di coesione UE potrebbero rappresentare una leva per farlo crescere. Alcuni esempi già esistono. Il tema è ancora di nicchia, ma soprattutto a livello regionale ci sono esperienze già affermate che stanno crescendo e nuove iniziative pronte a partire.

“Le iniziative di welfare aziendale sono importanti per raggiungere l’obiettivo generale di promuovere una partecipazione al mercato del lavoro equilibrata tra i sessi, condizioni di lavoro paritarie e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, anche attraverso l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e alle persone dipendenti a prezzi accessibili. Inoltre, sostengono l’innovazione sociale”, spiega un portavoce della Commissione UE.

“Nel precedente periodo di programmazione 2014-2020, il Fondo sociale europeo ha promosso il welfare aziendale in Italia, in particolare attraverso iniziative come WeCare nella regione Piemonte. Nel periodo di programmazione 2021-2027, il Fondo Sociale Europeo+ continua a sostenere diverse iniziative di welfare aziendale. Ciò avviene attraverso un budget FSE+ in Italia di oltre 630 milioni di euro dedicato alla realizzazione dell’obiettivo sopra menzionato”, aggiunge.

I dati di OpenCoesione sul welfare aziendale

Per capire cosa potrebbe succedere in futuro è utile partire da quanto è stato fatto, grazie a OpenCoesione. OpenCoesione è un’iniziativa di open government pubblica sulle politiche di coesione nata “con lo scopo di promuovere l’efficacia degli interventi attraverso la pubblicazione dei dati sui progetti finanziati”, si legge su www.opencoesione.gov.it. Il sito ospita un preciso database da cui abbiamo estratto tutti i dati relativi a progetti finanziati da fondi UE nelle due programmazioni 2007-2013 e 2014-2020 che contenessero le parole “welfare aziendale” nel titolo, sottotitolo o descrizione del progetto stesso.

 

Il risultato, per quanto potenzialmente incompleto o comunque approssimato per difetto, sono 156 progetti, nella stragrande maggioranza dei casi finanziati nella programmazione 2014-2020, dal Fondo Sociale Europeo (FSE) e a livello regionale. Tra le regioni più attive, si contano il Piemonte, primo per distacco, seguito da Sardegna e Veneto. Sopra la decina di progetti si collocano anche Lazio e Friuli-Venezia Giulia. In totale, sono 15 le regioni nelle quali sono stati implementati dei progetti relativi al welfare aziendale per un finanziamento totale (tra fondi UE e cofinanziamento) di 15.215.845 €.

Dall’analisi di questi primi dati, risulta evidente come la spinta ad usare i fondi UE per il welfare aziendale sia ancora limitata e frammentata ma, laddove è presente, arrivi soprattutto dalle Regioni. A livello nazionale, infatti, Il PON FSE1 Sistemi di politiche attive per l'occupazione 2014-2020, detto anche PON FSE Occupazione, menzionava tra le “azioni di sistema” possibili anche “misure di promozione del «welfare aziendale» (es. nidi aziendali, prestazioni socio-sanitarie complementari)” ma, stando ai dati di OpenCoesione, molto poco è stato fatto. È a livello regionale, invece, che si sono esplorate nuove strade.

Il Piemonte apripista

La giunta regionale piemontese ha lanciato nel 2017 “WeCaRe - Welfare Cantiere Regionale. Strategia di innovazione sociale della Regione Piemonte”. Questo investimento, per il quale sono stati stanziati 20 milioni di euro provenienti dai fondi FSE e FESR, ha rappresentato la declinazione regionale della Strategia Europa 2020, che invitava gli Stati membri a promuovere una crescita “intelligente, sostenibile ed inclusiva”.

A tale scopo la strategia ha promosso quattro misure:

  1. Sperimentazione di azioni innovative di welfare territoriale (6,4 milioni di euro), con la previsione di una specifica azione di accompagnamento (1 milione di euro);
  2. Progetti di innovazione sociale per il Terzo Settore (3,6 milioni di euro);
  3. Rafforzamento di attività imprenditoriali che producono effetti socialmente desiderabili (5 milioni di euro);
  4. Promozione del welfare aziendale (4 milioni di euro).

La realizzazione di questa quarta e ultima misura ha quindi previsto alcuni bandi per favorire la diffusione della conoscenza e delle pratiche di welfare all’interno delle imprese di tutto il territorio regionale. Per fare ciò la Regione ha ritenuto necessario elaborare innanzitutto un apposito Atto di indirizzo che approfondisse gli obiettivi alla base della misura (in coerenza con quelli del FSE), e cioè: stimolare un miglioramento delle condizioni generali di benessere della popolazione; rispondere a rischi sociali che finora non hanno trovato soluzioni strutturali da parte del pubblico (per es.: work-life balance, non autosufficienza); aumentare la partecipazione femminile al mercato del lavoro attraverso l’attivazione di strumenti che favoriscano la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per uomini e donne.

 

La misura è stata quindi suddivisa in tre bandi: i primi due, chiusi all’inizio del 2019, si sono posti l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la cultura del welfare aziendale (300.000 euro) e di iniziare a stimolare l’aggregazione di esigenze, proposte e soggetti sul territorio (1,2 milioni di euro). Il terzo bando - Progettazione e attivazione di interventi di welfare aziendale - è stato pubblicato il 2 aprile 2019 e ha finanziato concretamente la progettazione e la realizzazione di azioni di welfare aziendale, in modo particolare attraverso la creazione di reti e network territoriali tra imprese.

Come vi abbiamo raccontato in un recente articolo, inoltre, la Regione Piemonte ha lanciato nel 2022 un bando di 1 milione di euro sempre dedicato alle imprese che vogliono fare welfare aziendale e sempre grazie a risorse europee, ma al di fuori di WeCaRe. Questa iniziativa - dal titolo “Attivazione di piani di welfare aziendale e territoriale nel tessuto imprenditoriale piemontese” - ha voluto finanziare in via prioritaria interventi di welfare in rete e aperte al territorio.

Recentemente sono stati pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione gli esiti della valutazione dei progetti, che hanno messo in luce come delle 28 proposte progettuali arrivate ne sono state ammesse al finanziamento 11. Le aziende coinvolte saranno 31: il 45% sono Srl, il 32% cooperative, il 10% fondazioni, il 10% Spa e il restante 3% altre forme. Gli 11 progetti sono localizzati soprattutto nella provincia di Torino (6) e nella provincia di Cuneo (4); il restante progetto sarà invece realizzato nella provincia di Biella. Tra gli interventi che saranno avviati i servizi più diffusi riguardano iniziative di formazione e informazione inerenti la salute e il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori (17% dei servizi totali), le attività estive, pre e post-scuola per figli dai 7 ai 17 anni (15%) e il sostegno alle politiche ambientali riguardanti la mobilità sostenibile (12%). Ci sono poi i servizi educativi e per l’infanzia (10%), lo smart working e il telelavoro (7%) e i servizi di cura per anziani e familiari non autosufficienti (7%).

Le Regioni "inseguitrici"

La Regione Piemonte non è stata però l’unica a sfruttare le risorse della politica di coesione UE per promuovere azioni di welfare aziendale. Nel corso degli anni vi abbiamo raccontato di altre iniziative realizzate in altri contesti.

Veneto

Regione Veneto, attraverso il POR FSE 2014-2020 (Obiettivo generale "Investimenti in favore della crescita e l'Occupazione") ha ad esempio promosso il bando “Il Veneto delle donne. Strumenti per la valorizzazione dei percorsi professionali e per la partecipazione al mercato del lavoro” (dal valore totale di 6,5 milioni di euro). Le finalità generali sono state quelle già descritte per WeCaRe, cioè la promozione delll’occupabilità e dell’empowerment femminile e, al tempo stesso, il sostegno al sistema economico-imprenditoriale regionale nella definizione di nuovi modelli organizzativi che tengano conto del welfare, del work-life balance e del benessere delle persone.

Tra i progetti finanziati attraverso questo bando c’è stato anche WelfareNet, iniziativa sviluppata nelle province di Padova e Rovigo che si è proposta di mettere in rete attori interessati a diverso titolo allo sviluppo di forme di welfare aziendale, territoriale o contrattuale. Il suo intento è stato quello di creare una "rete di reti" regionale per facilitare la fruizione di servizi di conciliazione vita-lavoro anche tra i lavoratori occupati in piccole e medie imprese. A tal fine WelfareNet ha cercato di facilitare la collaborazione tra imprese, enti bilaterali, organizzazioni datoriali, rappresentanze sindacali, enti pubblici locali e organizzazioni del Terzo Settore.

Sardegna

Nel 2017 anche la Regione Sardegna, tramite le risorse del  POR FSE 2014-2020, ha stanziato un totale di 3,5 milioni di euro attraverso il bando "Welfare e work life balance nella vita quotidiana delle aziende, delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie". L’iniziativa si è proposta di favorire la diffusione di azioni volte a promuovere welfare aziendale e politiche aziendali family friendly.

In un’intervista fatta all’epoca, l’allora Assessora al lavoro di Regione Sardegna, Virginia Mura, spiegava la genesi, lo sviluppo e gli obiettivi di questo intervento, sottolineando come “gli strumenti messi a disposizione dalla Regione, seppur significativi dal punto vista finanziario, sono soltanto uno stimolo ad avviare un processo che, si auspica, venga sviluppato e ampliato dall’azienda stessa. (...) Le aziende, non solo quelle grandi ma anche quelle di medie dimensioni, possono infatti contribuire in modo determinante ad integrare il welfare pubblico, rimodulando il modello organizzativo, la flessibilità oraria e la produttività, generando maggiore benessere per le lavoratrici e lavoratori a vantaggio dell’intera collettività”.

Abruzzo

Infine anche la Regione Abruzzo ha finanziato interventi per favorire l’occupazione femminile, la conciliazione vita-lavoro e le misure di welfare in azienda attraverso il POR FSE 2014-2020. Uno dei progetti finanziati è stato We Coop - Welfare Cooperativo, attraverso il quale è stata realizzata la piattaforma di welfare aziendale e territoriale AbruzzoWelfare.

In breve, si tratta di una piattaforma digitale - realizzata con il supporto di WelfareX - che riunisce tutti i servizi offerti dalle cooperative sociali del territorio di Chieti, allo scopo di veicolarli in maniera semplice al territorio e alle imprese che investono nel welfare aziendale.

 

La nuova programmazione 2021-2027

Ora bisognerà capire cosa succederà nella nuova programmazione UE, che va dal 2021 al 2017, ma che è sostanzialmente appena partita a causa di una serie di ritardi, in parte legati alla pandemia.  “In tutta l'UE è disponibile un totale di 136,1 miliardi di euro nell'ambito del FSE+ (compreso il cofinanziamento nazionale e dell'UE). Circa il 32% di questi finanziamenti è dedicato all'occupazione (43,4 miliardi di euro), che può sostenere azioni come l'aiuto all'accesso all'occupazione e le misure di attivazione per uomini e donne, il sostegno ai lavoratori per adattarsi all'evoluzione dei mercati e dei modelli di lavoro e la modernizzazione delle istituzioni del mercato del lavoro, come i servizi pubblici per l'impiego”, ci spiega il portavoce della Commissione.

Per l’Italia, FSE+ ha una dotazione complessiva di 28,34 miliardi di euro (cofinanziamento compreso) e sostiene interventi in tre ambiti principali: istruzione, formazione e competenze; inclusione e protezione sociale; occupazione - ambito al quale solitamente afferiscono i progetti di welfare aziendale. Nella nuova programmazione, il PON Occupazione 2014-2020 è confluito nel PN Giovani, donne e lavoro, con una dotazione di circa 5 miliardi di euro. La sua autorità di gestione è ANPAL, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro che, sul suo sito, spiega come il programma punti “a promuovere il lavoro e le competenze, a favorire l’occupazione di giovani, donne e persone fragili e a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive”.

Anche questa volta, il programma cita il welfare aziendale quando si propone di promuovere “iniziative di conciliazione”, ma da ANPAL fanno sapere che è ancora presto per capire quali progetti il PN finanzierà e se il welfare aziendale troverà questa volta uno spazio maggiore rispetto al periodo 2014-2020. Diverse regioni, invece, sono già partite, tra conferme e novità.

Regioni: conferme e new entry

Tra le regioni che confermano il loro impegno c’è il Piemonte, che vuole dare seguito a quanto fatto tra il 2017 e il 2019 con WeCaRe. Allo studio c’è un nuovo Atto di Indirizzo che finanzierà tre filoni di intervento specifici attraverso 6 milioni di euro.

Il primo riguarderà la sperimentazione e l’attivazione di servizi di conciliazione nel Sistema Sanitario piemontese: i destinatari delle risorse saranno quindi le Aziende Sanitarie Locali, le Aziende ospedaliere e le Aziende ospedaliero-universitarie piemontesi. Si tratta di una novità in quanto, fino ad oggi, non risultano esserci stati bandi dedicati in maniera specifica ai dipendenti dell’ambito sanitario.

I restanti due filoni di intervento riguarderanno, da un lato la costruzione e il consolidamento di partenariati tra soggetti diversi finalizzati all’informazione e alla formazione di imprese e lavoratori sui temi del welfare. Ci si rivolge quindi non solo alle aziende, ma anche a soggetti come sindacati, associazioni di categorie, realtà del Terzo Settore ed enti locali. Dall’altro lato, l’ultima misura è invece finalizzata alla sperimentazione e all’attuazione di piani di welfare aziendale, interaziendale e territoriale, favorendo la creazione di ATI e ATS, quindi associazioni e reti, tra le organizzazioni del tessuto imprenditoriale piemontese.

La Toscana rappresenta, invece, una novità. La Regione ha recentemente presentato la programmazione relativa a FSE e FESR 2021-2027. In particolare, nel corso di un evento tenutosi lo scorso 1 marzo a cui ha partecipato anche la direttrice di Secondo Welfare Franca Maino, è stato anticipato come tra le operazioni di importanza strategica ci sia una linea di indirizzo dal valore di 15 milioni di euro dedicata al welfare aziendale.

L’obiettivo è quello di incentivare il gender balance nelle imprese e le azioni di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso, appunto, piani e misure di welfare e di flessibilità organizzativa. A maggio è previsto il primo bando, che finanzierà attività di animazione territoriale promosse da associazioni di rappresentanza datoriale e sindacale, enti bilaterali e altre realtà esperte sul tema che saranno chiamate a realizzare eventi, seminari e altre attività informative per diffondere il valore strategico del welfare e della conciliazione. In totale sono previsti 210.000 euro.

La Commissaria Ue alla coesione Ferreia incontra il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Fitto - Foto: UE
La Commissaria Ue alla coesione Ferreia incontra il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, Fitto - Foto: UE

A settembre partiranno invece gli altri due avvisi, più sostanziosi dal punto di vista economico. Il primo di questi sarà rivolto alle lavoratrici autonome, che rappresentano circa il 18% delle occupate in Toscana. In merito saranno stanziati 2,5 milioni di euro per misure come i voucher di conciliazione destinati ai servizi per figli minori (babysitter, assistenza domiciliare, centri estivi, ludoteche ecc.) o per familiari non autosufficienti o con disabilità (assistenza domiciliare, frequenza centri diurni ecc). Il secondo ed ultimo bando, dal valore di 12,5 milioni di euro, prevederà dei contributi a sostegno dei datori di lavoro per l’adozione di misure di welfare. Anche in questo caso saranno favoriti quei progetti che cercheranno di creare reti tra imprese e/o con il territorio.

Facilitazione, reti e fringe benefit: criteri da seguire

La nuova programmazione, quindi, può diventare un’opportunità di ulteriore crescita per il welfare aziendale. In tal senso, è importante che bandi e progetti vengano strutturati sulla base di alcuni criteri utili alla loro riuscita. Il nostro laboratorio, che studia quest’ambito da tempo, vuole sottolinearne tre in particolare.

Svolgere percorsi adeguati di analisi dei bisogni aziendali e/o territoriali. Sono la base di ogni attività di welfare aziendale che risponda davvero alle reali necessità delle persone. Si potrebbero, ad esempio, sostenere la formazione e la presenza di figure professionali - come il Welfare Manager o l’Assistente sociale di fabbrica - che puntano a “facilitare” l’attivazione di misure di welfare efficaci. Al contempo, come previsto anche dai bandi descritti in precedenza, è necessario incentivare pratiche di analisi e rilevazione dei bisogni di lavoratori e lavoratrici.

Promuovere la creazione di reti sia tra imprese sia per quanto riguarda i possibili fornitori di beni e servizi. Da un lato facciamo riferimento a iniziative che mirano ad ampliare il bacino di persone coinvolte - e quindi la potenziale utenza - grazie alla collaborazione tra più imprese di uno stesso territorio. Dall’altro al coinvolgimento del tessuto economico locale, del Terzo Settore e dell’attore pubblico allo scopo di creare servizi per i lavoratori, le loro famiglie e, in alcuni casi, anche per il territorio. In questo modo si può facilitare la diffusione delle pratiche di welfare nelle organizzazioni che, per dimensioni o per settore di appartenenza, hanno meno opportunità. Inoltre si possono coinvolgere in modi diversi gli stakeholder del territorio, generando così un circolo virtuoso per tutto il tessuto economico e sociale locale.

Infine, data la sempre maggiore centralità dei fringe benefit, per sfruttare al meglio la normativa e limitare la loro funzione di “compensazione” della retribuzione, si dovrebbe valorizzare il loro possibile ruolo sociale. A questo scopo i fringe benefit potrebbero essere utilizzati per l’acquisto esclusivo di prestazioni di natura sanitaria, sociale e socio-assistenziale, incentivando così anche il coinvolgimento di fornitori locali (e in primis la cooperazione sociale).

Note

  1. Acronimo di Programmi Operativi Nazionale: si tratta dei programmi attraverso cui gli Stati, in accordo con le istituzioni europee, decidono come spendere i fondi europei che spettano loro su tutto il proprio territorio nazionale.

    Nel periodo 2014-2020 l’Italia ha avuto PON dedicati a infrastrutture, cultura, legalità, imprese, ricerca, politiche urbane, governance, inclusione sociale, giovani, occupazione, scuola, sviluppo rurale e pesca. La maggior parte dei Programmi operativi nazionali, nel periodo 2014-2020, sono stati finanziati con le risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – FESR e del  Fondo Sociale Europeo – FSE.

Foto di copertina: Markus Spiske , Unsplash