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I partiti della destra radicale sono riemersi in molti Paesi europei all’inizio degli anni Ottanta. Hanno cercato di limitare l’immigrazione e di attuare politiche intransigenti in materia di sicurezza, promuovendo al contempo un’agenda economica di destra. A metà degli anni Novanta, tuttavia, questi partiti hanno iniziato a spostare a “sinistra” la loro posizione redistributiva.

Il Partito Popolare Danese (Dansk Folkeparti – DF) ha aperto la strada. Ha ottenuto un enorme successo elettorale proclamandosi “vero difensore dello Stato sociale danese”. Il DF ha creato un messaggio su misura per la classe operaia: difenderemo il vostro Stato sociale escludendo gli immigrati dai sussidi. La maggior parte dei partiti della destra radicale dell’Europa occidentale ha rapidamente adottato questa retorica, definita “sciovinismo del welfare”.

In vista delle elezioni generali in Svezia, Jimmie Åkesson, leader del partito populista di destra radicale Democratici Svedesi, ha twittato: “Le elezioni sono una scelta tra immigrazione di massa e welfare. Scegliete”. Åkesson ha quindi dimostrato come i partiti della destra radicale possano reinventarsi come una nuova forma di partito dei lavoratori.

Nell’analizzare i cambiamenti nel programma redistributivo della destra radicale, tuttavia, la maggior parte degli studiosi lo considera come semplice marketing. Alcuni ricercatori hanno descritto le posizioni distributive di questi partiti come un miscuglio incoerente di posizioni di destra e di sinistra. Secondo questo punto di vista, i populisti della destra radicale “offuscano” strategicamente la loro politica sociale preferita per attirare un elettorato con preferenze dissonanti in materia di welfare, mentre, di fatto, non considerano le questioni distributive come una priorità. Ciò implica che non dobbiamo prendere alla lettera o sul serio le posizioni distributive della destra radicale.

Una nuova logica redistributiva

L’idea che l’agenda distributiva dei populisti di destra radicale sia un vuoto marketing sta tuttavia diventando sempre più implausibile, perché questi partiti stanno rendendo la questione sempre più saliente nei loro programmi elettorali. Adottando l’opinione che lo Stato sociale non sia una vera preoccupazione per i partiti populisti di destra radicale e scegliendo di non analizzare le loro posizioni in materia di politica sociale, rischiamo anche di perdere di vista l’influenza reale di questi partiti sul processo decisionale in materia di distribuzione. E quindi ci perdiamo un’importante trasformazione del welfare.

Le posizioni dei partiti della destra radicale possono sembrare incoerenti e inconsistenti se viste attraverso la lente della tradizionale divisione tra sinistra e destra sulle questioni di welfare. In un recente studio, però, scrivo che ciò è dovuto solo al fatto che rappresentano una nuova forma di logica redistributiva. I partiti populisti di destra radicale stanno sviluppando uno Stato sociale dualistico. Questo si rivolge ai beneficiari del welfare “meritevoli” e “non meritevoli” in modi molto diversi, che vanno ben oltre la nozione di sciovinismo assistenziale.

Per i “meritevoli” (come i cittadini con una lunga storia lavorativa e i pensionati), la destra radicale populista difende una logica protezionistica dello Stato sociale. Per queste persone, propongono uno Stato sociale basato su politiche generose e compensative (pensioni, assegni familiari e indennità di disoccupazione).

Ma la destra radicale propone che i “non meritevoli” (ad esempio gli stranieri e i cittadini che non contribuiscono abbastanza alla Nazione, come i disoccupati di lungo periodo) non abbiano pieno accesso alle risorse collettive. Ritengono invece che questo gruppo debba rimanere soggetto alla disciplina e alla sorveglianza dello Stato. L’accesso di queste persone ai benefici sociali dovrebbe essere condizionato da politiche di “workfare” e da un forte controllo degli abusi del welfare. Sebbene non sia stato introdotto dalla destra radicale populista, questo approccio coercitivo all’obbligo morale di lavorare si adatta perfettamente alla sua retorica autoritaria.

Non una vuota retorica

Queste posizioni sullo Stato sociale, peraltro, non sono vuota retorica. Il mio lavoro rileva che i populisti di destra radicale danno priorità alle questioni distributive una volta al potere e che fanno la differenza. Nei negoziati, i partiti spingono per riforme politiche in linea con la loro agenda distributiva e spesso riescono a influenzare la politica.

Recentemente, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio italiana e leader della destra radicale populista di Fratelli d’Italia, ha minacciato di negare l’accesso all’assistenza sociale a coloro che rifiutano offerte di lavoro, adottando una linea dura contro gli “abusi del welfare”. Il nuovo piano del governo svedese, sotto l’influenza dei Democratici Svedesi, prevede tagli alle tasse per i pensionati e regole più severe per gli immigrati.

Inoltre, l’impatto della destra radicale populista si estende ben oltre la sua influenza diretta sulle politiche governative. I partiti tradizionali di destra e di sinistra stanno adottando parti della loro agenda distributiva, in particolare l’idea che i cittadini debbano avere la priorità nella distribuzione del welfare.

Trasformazione del welfare

Non dobbiamo sottovalutare l’impatto della nuova visione della destra radicale per lo Stato sociale europeo. I partiti populisti della destra radicale stanno trasformando la dimensione morale delle politiche di welfare. Affermano la loro agenda su questioni che in precedenza erano “di proprietà” dei partiti di sinistra. Inoltre, legittimano l’idea che lo Stato sociale debba essere riservato a pochi “meritevoli”. Ciò contribuisce alla stigmatizzazione e all'”alterità” di vari gruppi sociali.

Il nuovo modello di Stato sociale europeo suggerisce che non è semplicemente legittimo per lo Stato non affrontare la povertà tra la sua popolazione, ma che affrontare la povertà può essere moralmente sbagliato. Ad alimentare la separazione morale tra “meritevoli” e “non meritevoli” è la legittimazione di una disuguaglianza senza precedenti, con la benedizione dei membri della stessa classe operaia che storicamente sono stati sostenitori della redistribuzione e l’appoggio dei partiti tradizionali.

Lo Stato sociale europeo ha subito molti shock dalla Seconda guerra mondiale, ma è rimasto riluttante ad accettare un’elevata disuguaglianza o un’estrema povertà tra la sua popolazione. Quest’epoca, tuttavia, potrebbe presto volgere al termine.

 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su The Loop e viene ripubblicato con licenza Creative Commons con l’autorizzazione dell’autrice. Traduzione e adattamento di Paolo Riva.

 

 

 

Foto di copertina: Jimmie Åkesson, leader dei Democratici Svedesi - Foto: Wikipedia